giovedì 13 maggio 2010

La Nazione delle Liste - Riflessioni a margine del Caso Anemone

Vi era un tempo, in Italia, in cui Mussolini stilava dei dossier sui gerarchi del Partito Nazionale Fascista, in modo da poter controllare, secondo lui più efficacemente, il dissenso interno. Questo non era certo un metodo sbagliato, perchè un prototipo italiano come il Duce, aveva capito meglio di chiunque altro all'interno di quali alambicchi è distillata la forma mentis dell'italiano medio.


Con l'avvento della democrazia repubblicana, l'utilizzo dello strumento del dossieraggio mantiene comunque un suo certo fascino, e non è un caso se al Divo di Paolo Sorrentino ad un certo punto del film fa recitare questo monologo: "Nel corso degli anni mi hanno onorato di numerosi soprannomi...ma non ho mai sporto querela. Per un semplice motivo. Possiedo il senso dell'umorismo. Un'altra cosa possiedo: un grande archivio, visto che non ho molta fantasia. Ed ogni volta che parlo di quest'archivio, chi deve tacere, come d'incanto, inizia a tacere".

Il senso di queste parole attribuite ad Andreotti, riescono nuovamente a dare il significato della complessità del rapporto col potere con quell'umanità che vi gira attorno. Con una differenza sostanziale rispetto al Ventennio: la necessità di una patente di rispettabilità politica che all'interno di una dittatura si rispecchia solo con l'autorevolezza del Capo. Nel governo del démos, questo diventa inaccettabile, e si presenta la necessità che un'intera collettività goda di una moralità che diventa appunto moralità pubblica.

Da qui il passaggio alla Lista, come strumeto di lotta politica che accomuna nomi, date di nascita, numeri di tessere o somme di denaro. nel corso della storia repubblicana le liste salite agli onori della cronaca sono state diverse. Per citarne le più importanti, e paradigmatiche ai fini di un'analisi, mi vengono in mente quella della P2 e quella del dossier Mitrokhin.


E' arcinoto quanto è successo nel 1981, ossia nel momento in cui da Castiglion Fibocchi, vicino a Pistoia, venne resa nota la lista degli appartenenti ad una fantomatica loggia massonica a quasi uso esclusivo di Licio Gelli. Molto si sa di quante e quali reazioni ha avuto l'opinione pubblica in quel momento. Meno si sa delle reazioni umane dei personaggi coinvolti, che spaziano dalla negazione degli addebiti (Longo, ex segretario del PSDI), alla rivendicazione della bontà della loggia quale strumeto rafforzativo della volontà democratica (Cicchitto, si...quel Cicchitto).

In ogni caso, si era potuto assistere ad un atteggiamento generale di "smarcamento" nei confronti della P2, al punto tale che lo stesso Gelli si è anche recentemente lagnato di questo comportamente. La percezione dell'opinione pubblica del vincolo di segretezza non si ritiene più accettabile. Pertanto si tenta, alfine di screditare anche chi non ne era membro, di far passare il messaggio che la lista degli appartenenti non era completa (è il caso del generale Dalla Chiesa).


Meno interessante ma più nazionalpopolare è il caso Mitrokhin. L'attesa della soluzione di un caso praticamnte inesistente da parte di una Commissione parlamentare d'inchiesta che ha lavorato per anni sul nulla, ha fatto sì che gli italiani stessero per molto tempo in attesa di una nuova Lista, di un nuovo scandalo, di nomi e cognomi da pronunciare con incredulità.


Qanto è avvenuto in questi giorni, ed in particolare oggi, con la pubblicazione dei nomi di chi ha ricevuto favori da Diego Anemone, altro non è che l'ennesima riproduzione della prouderie tutta italiana di voler guardare dal buco della serratuta, alla ricerca di quel peccato originale che fa poi assomigliare il potente all'uomo della strada.


Può essere salutare, in questa prospettiva, un metodo informativo che illumini le parti oscure del potere quando esso esce dai suoi binari. Ma c'è un ma. C'è l rovescio della medaglia, dato dal fatto che la capacità d'analisi di un collettvo si squaglia e non funziona a fronte di nomi, cifre che nel giro di qualche giorno non occuperanno più le prime pagine della cronaca. A maggior ragione se quel collettivo si chiama Italia.